Nessun sogno è mai stato così insensato come la sua spiegazione. (Elias Canetti)

giovedì 25 febbraio 2010

AVATAR: favola new age

Avatar-Navi-James-Cameron
Certamente non brillo di originalità a postare una recensione sul fenomeno cinematografico del momento, ma se devo giocare a fare il blogger, allora facciamolo come si deve e fino in fondo. Ed eccomi qui a scrivere di Avatar di James Cameron, l’ultimo moloch hollywoodiano.
Come credo accada ad ogni persona dotata di un sistema più o meno normale di raziocinio, l’enorme battage pubblicitario non mi aveva granché invogliato a volare al cinema, e le orde di visionanti che per settimane hanno affollato i cinema, disposti a riempire le sale più per inerzia che per scelta, man mano mi aveva fatto diventare l’idea sempre più ostica. Si ha l’impressione di aver già visto un film, tanto ne parlano televisioni, giornali e web.
Forzarsi però è stata la scelta giusta perché la visione di Avatar, già dai primi minuti, mi ha indotto a staccare completamente le connessioni dal mio quotidiano, immergendomi in una storia appassionante e in una realtà “altra” del tutto credibile.
Hanno già detto e diranno di tutto e di più su Avatar, quindi mi limito a segnalare le mie personalissime impressioni, non pretendendo di essere un critico, neanche nei miei incubi peggiori.
L’accusa ad Avatar di essere una storiellina sul modello di Pochaontas è quanto di più gretto si possa dire. No, forse c’è anche la citazione del Buon Selvaggio, tanto per far vedere che si è letto Rosseau.
La griglia mitica del “viaggio dell’eroe” è ben visibile in Avatar, come nella maggior parte di storie che hanno successo al botteghino. E allora?
La presunta originalità è un concetto che prima o poi dovrà essere seriamente valutato. Qualcuno ha detto che ogni storia è la stessa storia raccontata in infinite varianti. Concetto che vale in maggior misura per le buone storie.
L’intreccio di Avatar è sicuramente epico e lineare, non per questo non ha la sua dignità, funzionando a dovere in ogni sua parte, e riuscendo a raccontare, a chi sa aprire il cuore oltre che il cervello, qualcosa anche al di là del solito scontro Bene e Male.
Per quanto mi riguarda ho rintracciato in Avatar riferimenti alla Grande Madre, ai Campi Morfici, a Gaia (l’ipotesi della Terra Vivente, non il programma Tv), al concetto di cosa vuole dire essere umano (o essere umano), al neopaganesimo, e ancora altro.
Non ultimo, come in una passeggiata in montagna, mi sono riossigenato i polmoni respirando un po’ di sana Science Fiction dell’epoca d’oro, quella pre-Philip Dick.
Dick è un maestro, e come tutti i maestri ha fatto anche i suoi disastri.
Prima di Dick inventare un mondo significava studiarne le leggi naturali, che non dovevano contrastare con quelle scientifiche conosciute, non troppo almeno. Dopo Dick, è bastato immergersi nel proprio mondo interiore, solitamente paranoico, e vomitare fuori immagini. Cosa che, se lo fa Dick, mi sta benissimo, per altri un po’ meno.
Non mi si fraintenda, adoro Philip Dick, un po’ meno i suoi emuli (me compreso).
Per questo mi sono beato nella visione della flora e la fauna di Pandora, un mondo del tutto credibile e coerente con se stesso. Gli animali non sembrano mostriciattoli messi lì perché divertenti o particolarmente impressionanti, magari usciti fuori dalla mano di un disegnatore strapagato; ma dimostrano uno studio a priori del loro ambiente naturale e dei loro comportamenti istintuali.
Altro punto che mi sembra interessante notare, e che contrasta con le idee vigenti hollywodiane, è la grande sensualità soggiacente nel film. Non si vedono scene particolarmente osé, eppure il senso del tatto e del contatto, della penetrazione di anime l’una nell’altra (anime di esseri, animali, alberi, terra, montagne) intercorre per tutto il film, in aperto contrasto con la morale subliminale di tanti film, che alla fine corrisponde ai codici morali occidentali e WASP.
Gli stessi cattivi, ovvero gli umani, sono quelli che Vengono dal Cielo (posto solitamente riservato agli Dei maschili e solari), e che vogliono distruggere una realtà spirituale e scientifica al tempo stesso, terrena e concreta.
La scienziata razionalista interpretata dalla grande Sigourney Weaver (continuo ad amarti perdutamente!), in una scena che non descrivo per rischio spoiler, meravigliata della visione mistica che sta vivendo (e che possiamo solo immaginare, inenarrabile per adesso anche col sistema 3D), afferma: “Esiste.”
Esiste.
Mi piace pensare che in quel momento stia parlando della Dea/Dio, un’essenza spirituale ma anche terrena, che nasce dalla chimica bioelettrica ed affonda nello spirito.
Come tutte le buone storie, Avatar è uno specchio. Se dentro hai poco, poco potrai vederci.

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