Biascicando la sua quarta Ave Maria, Frate Gandolfo, umile religioso di provincia, realizzò che la carie all’incisivo laterale inferiore destro era tremendamente peggiorata.
Fatalmente ogni recitazione guidava la punta della lingua direttamente sul nervo scoperto (o quello che a lui sembrava tale) e a ogni indeclinabile "Iesus" l'espressione ieratica di Frate Gandolfo si faceva così addolorata da rassomigliare in maniera impressionante a quella del grande Crocifisso morente che troneggiava sulla piccola cappella.
Per sette, nove, dodici Ave Marie la situazione perdurò senza provocare null'altro, ma alla quindicesima la cosa dovette sembrare talmente comica che la statua della Madonna cominciò a riderne.
Era questa una piccola statuetta di gesso bianco, non più alta d'un metro, raffigurante una Vergine dall'aria un poco spaurita, ammantata dalle consuete vesti azzurre, trionfante nei confronti di Satana il Verme che schiacciava sotto il piede nudo.
All'inizio Frate Gandolfo, a causa della sorda cortina di dolore che gli ispessiva la guancia destra, non s'accorse minimamente del riso argentino che tintinnava come una cascata di campanelle, ma, quando più che il dolor poté il Divino, sbarrò gli occhi e cadde in ginocchio, miracolosamente dimentico del suo trigemino impazzito.
E, come copione volle, esclamò lo scontato "Miracolo!", seguito da un più personale "Prodigium est!".
Il povero frate non resse a lungo la vista di siffatto portento e, sollevatasi la pesante tonaca, corse fuori trafelato, strillando al vento la lieta novella.
In paese inizialmente la notizia fu presa con una certa cautela, tanto più che già a soli ventidue chilometri di distanza un'altra Madonna aveva già pensato bene di mettersi a piangere lacrime di sangue, mentre a cinquanta in direzione contraria un'altra Vergine ancora s'era messa braccia conserti in cima alla pala d'altare a vociare "Pentitevi! Pentitevi!" con due occhi così (ma questa era un pezzo di Vergine imponente, tutta rosa, intagliata in un solo blocco di legno rarissimo siberiano, e nessuno trovava strano che ad una simile Vergine straniera fosse ben possibile animarsi e parlare!)
Tutta questa proliferazione di Vergini inquiete rendeva ben scettici i nostri paesani sul fatto che la loro piccola e modesta Madonnina potesse mettersi a competere con simili star di media e pellegrinaggi.
Fu così che solo a tarda sera una timida colonna di paesani, guidata dal sindaco, decise di andare nella cappella di campagna, ad accertarsi de visu dello stato delle cose.
Appena spalancata la porta della cappella la risata li investì come una folata di brezza divina, provocando dodici conversioni istantanee, quattro donazioni vitalizie al convento e due infarti.
Quella notte il paese non conobbe il sonno, in parte per il riso inesauribile della divertita Madonnina (che ormai si sentiva per tutta la zona, e quando cambiava vento persino nei paesi vicini, sotto forma di un fastidioso ronzio alle orecchie), in parte per le improrogabili responsabilità cui si sentirono di colpo investiti gli abitanti.
Il sindaco si affrettò a telefonare a televisioni e giornali, il magistrato ad inviare avvisi di garanzia cautelativi alla ditta produttrice delle Madonnine, i proprietari di bar e quello dell'unico albergo del paese a tirare fuori dai cassetti i loro libri dei conti, preparandosi alla ventura stagione di santi guadagni e pie elargizioni.
La signora Fusilli in Gioacchini, unica proprietaria della Boutique della Pizza, anticipò tutta la concorrenza e rispolverò uno striscione che aveva previdentemente elaborato qualche anno prima, all'epoca dei primi avvistamenti di Madonne.
"QUESTO E’ IL PAESE DELLA MADONNA PIANGENTE" v'era scritto, e su "piangente" ci tirò via due belle linee nere con l'uniposca, aggiungendo un pò a lato "CHE RIDE!".
Ma, come spesso succede nelle cose di questo mondo, a una simile notte di febbrile lavoro non corrispose per i nativi un giorno di raccolto e gloria, bensì altra tensione ed aspettativa.
Infatti, sul finire dell'alba, inviati dalla Santa Sede, puntuali come un'autoambulanza, al paese giunsero i Dottori, nelle onorabilissime persone de…
Il Dottor Ermeneudo Aldobrandi.
Il Gran Prof. Metanomio Invernizzi.
L’Ing. Hanselm Johansenn, del Regio Istituto Enciclopedico.
Li circondavano come uno sciame di mosche un codazzo di assistenti, segretari, rilevatori e copiascartoffie.
Espletate le dovute formalità, i Tre Dottori non posero indugio e cominciarono a studiare il caso. Vedendoli trafficare con i loro strumenti e grafici, il commento degli autoctoni fu corale: "Un pò spocchiosi, ma i loro soldi se li guadagnano!".
Misurarono, registrarono, compararono, esaminarono, ricordarono, analizzarono e borbottarono e per ultima estrassero tutti i denti a Frate Gandolfo, sospettato di favoreggiamento nel miracolo, ma non trovarono nulla che potesse mettere in discussione l'autenticità del fatto.
E così, alzando la voce per farsi sentire sopra l'incessante ilare gorgheggio della Madonna, decretarono il loro verdetto: "HABEMUS MIRACLE!".
Da quel momento la Madonna che Ride divenne patrimonio nazionale e tutto seguì l’italico Principio del Domino.
La trasmissione TV ad alto picco di audience Studiolo aprì con la notizia della sentenza, accusando qualcuno di qualcosa, ciò fece spaccare destra e sinistra (e destre e sinistre) in partiti ridens e partiti garantisti, questo provocò i giornali a proporre il consueto giochino di appartenenza e per un'estate la domanda della popolazione intera fu ... “La Madonna che Ride è di destra o di sinistra?” Ottenuta la non risposta, i giornali tentarono scoop impossibili e tutte le televisioni tentarono di scritturare la Divina. Qualcuno propose di ambientare nella cappella un reality.
A questa empia pantomima la Chiesa decise che il troppo qualche volta stroppia, e Concordato alla mano vietò qualsiasi ulteriore speculazione sulla Madonna Ridente. Una processione mai vista ed una Missa Solemnis avrebbero incarnato questa irrevocabile decisione, elevando alla dignità di altari reali e virtuali la Madonnina, che intanto mai e poi mai, nemmeno per riprendere un momento fiato, aveva smesso di ridere.
Venne il giorno della processione nazionalpopolare.
Migliaia di centinaia di fedeli riempivano la valle, frotte di elicotteri-camera di tutte le televisioni svolazzavano sopra le teste, aggirando così la promessa di non disturbare la Celebrazione con gli operatori a terra.
Su uno schermo gigante precedentemente disposto furono visti appropinquarsi all'Aureo Altare, solenni e ieratici, L'Ultravescovo, il Metacardinale, e l'Ipereccellenza delle Eccellenze, belli e splendenti che quasi sembravano veri.
Sotto di loro Cardinali e Missionari, Prepostulanti e Postprevosti, e sotto di loro la marea dell'umanità pregante.
Un silenzio si sparse per tutta la valle di lacrime, rotto solo dal ronzio delle telecamere e dai commenti sussurrati di radio e televisioni.
L'Ipereccellenza biascicò qualcosa, ma si interruppe subito, confuso dal ridere della Madonna, che, aumentato improvvisamente il volume, non sembrava più tanto benevolo.
La risata cachinnica strinse come una morsa il cuore dell'umanità attonita, mentre banchi di nuvolaglie nere andarono infittendosi ad oscurare la valle.
L’Ipereccellenza si strinse dentro il pesante mantello, per difendersi dalle spire di vento gelido, ed il dubbio, nella forma di una serpe invisibile, cominciò a strizzargli l’intestino.