Infettato dall'orrore della vita mi sono autoprescritto un programma estivo omeopatico consistente nell'assunzione serale, più o meno quotidiana, di film horror relativamente recenti.
Procediamo con le recensioni in pillole, assolutamente e spassionatamente arbitrarie.
Procediamo con le recensioni in pillole, assolutamente e spassionatamente arbitrarie.
THE THING 2012: Ok, non è Carpenter (in effetti il film è un prequel più che un remake , ma la storia è essenzialmente la stessa) ma l'ho guardato con distaccato piacere. Belli gli esterni in Antartide. Colpi di scena piuttosto scontati ma tuttosommato pensavo molto peggio. Poi mi piacciono i film con cast nordici, tra maglioni e barbazze (vedi il ben fatto Troll Hunter).
THE SHRINE: Due giornaliste e un fotografo si trovano nei guai in uno sperduto villaggio della Polonia. Continui ribaltamenti di trama in qualche modo sorprendono lo spettatore (prima ci si aspetta un torture movie, poi spuntano fuori i demoni e infine il finalone a sorpresa dove ci si coalizza contro il Male). A mio avviso però l'appassionato horror è un cultore del genere e anche del sottogenere e apprezza sì l'innovazione ma all'interno di binari ben oliati. A parte questo comunque molto modesto. E neanche la consolazione di vedere la protagonista nuda (meriterebbe).
CAMP HOPE: Ho trovato sul web recensioni assai distruttive in realtà l'ho trovato raggelante. Di fatto non è proprio un horror, e non raggiunge la sottigliezza di un thriller psicologico, ma le dinamiche di un campo estivo fondamentalista cristiano toccano abissi di orrore che in casa Sawney (l'allegra famiglia cannibale del Texas) manco si sognano. Paradossalmente le scene dove si vede "qualcosa" abbassano il livello dell'orrore.
THE SILENT HOUSE: Una ragazza e suo padre intrappolati in una casa nel bosco. Non sono soli.
Horror ben costruito con la particolarità di essere girato in un unico piano sequenza. Non condivido l’opinione di alcuni che sia solo un esercizio di stile. Nulla di nuovo sotto il sole (anzi nel buio) ma la tensione è innegabile e la spiegazione dell’arcano è più che plausibile.
RED STATE: L’Amerika omofoba e bigotta delle congreghe religiose e dei predicatori folli contrapposta agli assassini in divisa che nel nome dell’antiterrorismo compiono qualsiasi nefandezza. Come suo solito Kevin Smith fa “straparlare” i personaggi, ma personalmente non lo vedo un difetto, essendo un amante dei dialoghi ben costruiti. Film “cattivo” e di denuncia, fino alla fine.
HATCHET: Un gruppo di idioti viene fatto a pezzi l’uno dopo l’altro in una palude della Louisiana dal solito redneck in salopette.
Slasherone volutamente anni 80, con fondali finti, personaggi stupidi che non dispiace vedere squartati, e il mostro di turno molto simile al ragazzone deforme di The Goonies. Non è il mio genere d’horror, mi si passi la “bestemmia” ma non amo neanche cicli ben più meritevoli come quello di Halloween o Venerdì 13. Cazzatona, insomma, ma i trucchi splatterosi old style non sono male, e viene da pensare che nel digitale di film d'alto budget non tutto il sangue è quello che luccica.
LIVID: Una giovane infermiera, assieme a due amici ladruncoli, entra di notte nella villa di una sua assistita, in coma, per cercare un fantomatico tesoro nascosto.
Mi piace la nouvelle vague dell'horror francofono, decisamente! Le atmosfere cupe di quei boschi (vedi il terribile e bellissimo Calvaire) sono uniche. Il film non è del tutto riuscito a causa di una certa noncuranza nella sceneggiatura, ma alcune visioni meritano, vedi il tè delle bambole con teste d’animali impagliate ed il carillon “anatomico”. Forse si poteva evitare il finale da favola dark ma secondo me la sufficienza la raggiunge.
Nessun commento:
Posta un commento